E’una donna bella e di nobile incollatura,
che discioglie nel vino la sua capigliatura.
L’artiglio dell’amore, il veleno delle taverne
sguiscia e si smussa sul granito della sua carne.
Lei ride della Morte e dileggia il Baccanale,
di quei mostri la mano, corrosiva e mortale,
cova, pur con occhio distruttivo, un rispetto
della rude maestà di quel corpo sodo, eretto.
Lei cammina da dea e riposa da sultana,
mostrando nel piacere una fede maomettana,
e fra le braccia aperte, ripiene dei suoi seni,
attira con lo sguardo la razza degli umani.
Lei crede, lei sa, vergine, ventre infecondo,
eppure necessario al cammino del mondo,
che la bellezza del corpo è un sublime dono
che per ogni infamia sa strappare il perdono.
Ignora tanto l’Inferno quanto il Purgatorio
e nell’ora dell’ingresso nella Notte più nera
rivolgerà alla Morte uno sguardo attento
come un neonato, - senz’odio né rimpianto.